Investire nelle tecnologie digitali fa bene alla tenuta delle piccole e delle medie imprese italiane.
A sostenerlo è il rapporto (giunto alla nona edizione) curato da Unicredit sulle Pmi, presentato qualche giorno fa nella Capitale.
L’analisi sottolinea come le imprese che hanno investito negli anni nell’hi-tech siano anche quelle più fiduciose nell’affrontare le difficoltà presentate, oramai in via consolidata, dalle criticità congiunturali.
Sempre stando a quanto afferma il rapporto, ad esempio, le piccole imprese che investono nelle tecnologie digitali sono più fiduciose del 6% rispetto a quelle che non investono nell’hi-tech.
Il gap positivo si eleva al 7% per le medie imprese e, tra queste, sembra essere il commercio elettronico la pratica che le rende ancor più ottimiste sul futuro.
Insomma, stando a quanto afferma il rapporto un’azienda più è digitale e più è in grado di dimostrare la presenza di piani di business chiari, trasparenti, misurabili e monitorabili. In altri termini ancora, l’azienda che investe in tecnologie digitali sarebbe più pronta ad affrontare le sfide per il futuro, potendosi in tal modo porre con maggiore flessibilità sul domani.
Una considerazione, quella di cui sopra, sottolineata anche da Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale, che auspica per il futuro a breve termine la disintegrazione del sistema di potere che impedisce, attualmente, di compiere passi in avanti sostanziosi nel processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Carta di identità elettronica, e non solo, sono ipotesi formulate negli anni ’80 e ’90, ma attualmente ben lungi dal divenire realtà nei nostri portafogli. Virtuali, ovviamente.
Oltre al benefit generato dagli investimenti in tecnologia digitale, il rapporto presta un occhio di attenzione all’internazionalizzazione, segnalando come le piccole e le medie imprese che hanno mirato i propri target all’estero siano state quelle che hanno potuto consolidare un’accelerazione più corposa dei propri business.